Recensioni.
A Tu per Tu... interviste di Paola Robotti
Il viaggio di Maria Grazia Dapuzzo: l'uomo alla conquista del mondo nel suo processo di antropizzazione.
Casale Monferrato
Ogni angolo della sua casa riserva una sorpresa e ti puoi perdere a vedere quadri e ancora quadri che sono "pezzi" di mondo a cui è stata data un'anima e poi ci sono piante forti e rigogliose che hanno invaso ogni angolo ricreando un sorprendente mondo verde.
Maria Grazia Dapuzzo vive così fra ciò che produce con la sua arte e i "regali" della natura.
La Dapuzzo, nata nel 1954 a Genova, artista di arti visive e architetto si è trasferita a Casale con il marito Mario e la mamma 40 anni fa per una scelta motivata sia dalla bellezza della nostra città sia per la sua comoda dislocazione vicina ai posti di lavoro (Mario lavorava a Saluggia allo CNEN).
Oggi Maria Grazia pur essendosi formata nella città ligure può essere considerata un'autentica monferrina perché a Casale ha allevato suo figlio Emmanuele che oggi ha 39 anni e si è inserita nell'ambiente artistico della città diventandone una valida esponente.
<<Per motivi di salute da piccola ho studiato molto in casa occupando il mio tempo anche a disegnare, a dipingere e a leggere sopratutto libri d'arte>>.
<<Durante la mia vita ho viaggiato molto visitando tanti musei persa nella contemplazione di meravigliosi artisti. Le mie passioni? Fra molti altri Michelangelo e Picasso. Per la mia formazione è stato determinante conoscere le opere di Saverio Muratori di cui ho seguito la metodologia rigorosa e scientifica>>.
Quelle che la Dapuzzo crea sono opere concettuali e simboliche che ripercorrono i quattro momenti (logico, economico, etico ed estetico) che fanno parte della vita della coscienza e questi quattro momenti ritornano nella serie delle opere "Ricordi di viaggio" e "Alla conquista del mondo".
<<Tratto il tema del viaggio che è il percorso dell'uomo alla conquista del mondo nel suo processo di antropizzazione ed è inteso anche come percorso ascensionale verso la conoscenza, la consapevolezza di se stessi e della natura>>.
Maria Grazia non lavora in "momenti fissi" ma produce sempre, alternando al suo lavoro i viaggi, l'ascolto della musica (ama la musica classica, Frank Sinatra, Aznavour...), la ginnastica (... faccio un'ora al giorno di esercizi...), il ballo (... adoro il tango...). Per lei l'amicizia è importante se è sincera, ma afferma <<mio marito è il mio migliore amico, ci conosciamo da sempre e condividiamo tutto>>.
<<Negli altri apprezzo la sincerità, l'onestà e l'etica, odio le persone false, intriganti e arroganti, penso, però, che in molti siano presenti sia il male sia il bene>>.
Maria Grazia afferma di essere una persona "inquadrata" che ama "fare", costruire, realizzare dei progetti e sottolinea che non vorrebbe cambiare la sua personalità e la sua capacità di entusiasmarsi.
Ha paura della sofferenza, ma non della morte anche se teme che nell'Aldilà non ci sia niente.
<<Sono consapevole però che gli esseri umani hanno bisogno di pensare che ci sia qualcosa oltre questa realtà tanto che hanno creato le religioni per arrivare a Dio>>.
<<Mi spaventa la violenza - aggiunge - e mi inquieta ciò che è oscuro e inspiegabile>>.
La Dapuzzo, che pure si definisce ottimista, teme che se gli esseri umani non "ritornano in orbita" finiranno per distruggersi.
<<I giovani dovrebbero rimboccarsi le maniche per creare un futuro migliore>>.
<<Io sono soddisfatta della mia vita - afferma - ho realizzato quello che volevo fare ed anche qualcosa in più ed infatti non ho rimpianti. Spesso mi sono immedesimata con il mondo interpredandolo, raccogliendo oggetti naturali che ho attaccato alla tela facendo subire loro una metamorfosi>>.
Tutto ciò che la Dapuzzo ha creato ha un significato profondo nato da una visione del mondo che nasce dalla coscienza e dall'anima e trasforma la realtà interpretando "i segni del cammino" (la definizione è di Carlo Pesce) che costituiscono la memoria storica del processo di antropizzazione.
L'originale produzione artistica di Maria Grazia Dapuzzo che comprende opere anche nel settore dell'arredamento, può essere ammirata in diverse mostre collettive fra cui White in Christmas allestita presso il Castello di Casale.
Paola Robotti
Il Monferrato, venerdì 10 Gennaio 2020
Il viaggio di Maria Grazia Dapuzzo: l'uomo alla conquista del mondo nel suo processo di antropizzazione.
Casale Monferrato
Ogni angolo della sua casa riserva una sorpresa e ti puoi perdere a vedere quadri e ancora quadri che sono "pezzi" di mondo a cui è stata data un'anima e poi ci sono piante forti e rigogliose che hanno invaso ogni angolo ricreando un sorprendente mondo verde.
Maria Grazia Dapuzzo vive così fra ciò che produce con la sua arte e i "regali" della natura.
La Dapuzzo, nata nel 1954 a Genova, artista di arti visive e architetto si è trasferita a Casale con il marito Mario e la mamma 40 anni fa per una scelta motivata sia dalla bellezza della nostra città sia per la sua comoda dislocazione vicina ai posti di lavoro (Mario lavorava a Saluggia allo CNEN).
Oggi Maria Grazia pur essendosi formata nella città ligure può essere considerata un'autentica monferrina perché a Casale ha allevato suo figlio Emmanuele che oggi ha 39 anni e si è inserita nell'ambiente artistico della città diventandone una valida esponente.
<<Per motivi di salute da piccola ho studiato molto in casa occupando il mio tempo anche a disegnare, a dipingere e a leggere sopratutto libri d'arte>>.
<<Durante la mia vita ho viaggiato molto visitando tanti musei persa nella contemplazione di meravigliosi artisti. Le mie passioni? Fra molti altri Michelangelo e Picasso. Per la mia formazione è stato determinante conoscere le opere di Saverio Muratori di cui ho seguito la metodologia rigorosa e scientifica>>.
Quelle che la Dapuzzo crea sono opere concettuali e simboliche che ripercorrono i quattro momenti (logico, economico, etico ed estetico) che fanno parte della vita della coscienza e questi quattro momenti ritornano nella serie delle opere "Ricordi di viaggio" e "Alla conquista del mondo".
<<Tratto il tema del viaggio che è il percorso dell'uomo alla conquista del mondo nel suo processo di antropizzazione ed è inteso anche come percorso ascensionale verso la conoscenza, la consapevolezza di se stessi e della natura>>.
Maria Grazia non lavora in "momenti fissi" ma produce sempre, alternando al suo lavoro i viaggi, l'ascolto della musica (ama la musica classica, Frank Sinatra, Aznavour...), la ginnastica (... faccio un'ora al giorno di esercizi...), il ballo (... adoro il tango...). Per lei l'amicizia è importante se è sincera, ma afferma <<mio marito è il mio migliore amico, ci conosciamo da sempre e condividiamo tutto>>.
<<Negli altri apprezzo la sincerità, l'onestà e l'etica, odio le persone false, intriganti e arroganti, penso, però, che in molti siano presenti sia il male sia il bene>>.
Maria Grazia afferma di essere una persona "inquadrata" che ama "fare", costruire, realizzare dei progetti e sottolinea che non vorrebbe cambiare la sua personalità e la sua capacità di entusiasmarsi.
Ha paura della sofferenza, ma non della morte anche se teme che nell'Aldilà non ci sia niente.
<<Sono consapevole però che gli esseri umani hanno bisogno di pensare che ci sia qualcosa oltre questa realtà tanto che hanno creato le religioni per arrivare a Dio>>.
<<Mi spaventa la violenza - aggiunge - e mi inquieta ciò che è oscuro e inspiegabile>>.
La Dapuzzo, che pure si definisce ottimista, teme che se gli esseri umani non "ritornano in orbita" finiranno per distruggersi.
<<I giovani dovrebbero rimboccarsi le maniche per creare un futuro migliore>>.
<<Io sono soddisfatta della mia vita - afferma - ho realizzato quello che volevo fare ed anche qualcosa in più ed infatti non ho rimpianti. Spesso mi sono immedesimata con il mondo interpredandolo, raccogliendo oggetti naturali che ho attaccato alla tela facendo subire loro una metamorfosi>>.
Tutto ciò che la Dapuzzo ha creato ha un significato profondo nato da una visione del mondo che nasce dalla coscienza e dall'anima e trasforma la realtà interpretando "i segni del cammino" (la definizione è di Carlo Pesce) che costituiscono la memoria storica del processo di antropizzazione.
L'originale produzione artistica di Maria Grazia Dapuzzo che comprende opere anche nel settore dell'arredamento, può essere ammirata in diverse mostre collettive fra cui White in Christmas allestita presso il Castello di Casale.
Paola Robotti
Il Monferrato, venerdì 10 Gennaio 2020
Gli elementi della natura emergono dalle opere di Maria Grazia Dapuzzo
Parla in modo disinvolto dell'Action painting Maria Grazia Dapuzzo, artista casalese (definirla pittrice sarebbe riduttivo), citando quei maestri del "dripping" e della pop art che a partire dagli anni '50, in America, hanno dato vita a una nuova era, stravolgendo i canoni sia del concetto che della tecnica pittorica. Lo fa per spiegare perchè dipinge in un certo modo, perché per lei dipingere è non solo segno, colore e concetto, ma anche espressione corporea che implica movimento e gestualità liberatoria.
Domani, sabato 23 settembre, alle 16 al ristorante enoteca Tacabanda, via al Teatro Alfieri, Maria Grazia Dapuzzo inaugurerà la sua personale, che resterà per un paio di mesi. L'artista ha al suo attivo mostre in gallerie e musei importanti, ma le opere che di volta in volta espone spaziano dalla pittura alla scultura, dal disegno all'assemblaggio polimaterico.
Al Tacabanda i visitatori troveranno una serie di quadri ispirati alla natura, realizzati coniugando il "dripping" con l'introduzione di elementi che con la pittura hanno ben poco a che vedere: rami colti nei boschi, conchiglie, radici e altro. Ricordando che certe correnti artistiche sono nate con funzione dirompente nei confronti della mentalità conservatrice dell'epoca, Maria Grazia confessa che nelle sue opere "l'utilizzo di determinate tecniche, non va intrepretate come polemica sociale". Ma poi, quasi a smentirsi aggiunge: "Il mio discorso è rivolto alla natura perciò, nelle mie realizzazioni, non si trovano oggetti di consumo, ma elementi presi dalla natura stessa". I quadri al Tacabanda sono un inno alla vita. Ma nel suo studio ci sono tele "militanti", che esprimono la tragedia dei disastri ecologici.
Armando Brignolo (Pubblicato su La Stampa il 22/09/2017)
Maria Grazia Dapuzzo - Antologica
Il percorso artistico di Maria Grazia Dapuzzo si è arricchito di molte sollecitazioni delle avanguardie storiche per poi procedere con proprie intuizioni e soluzioni interessanti.
Sperimentando l'eredità lasciata da pop art, dada, action painting, informale, senza tralasciare il figurativo legato all'espressionismo, è approdata all'assemblaggio e alle installazioni di vari materiali presenti in natura.
Un traguardo questo che conferma l'amore per tutto ciò che fa parte dell'esistenza terrestre, dell'impegno estetico, etico, ecologico nel cogliere la potenzialità della pietra, del legno, dei fossili, delle conchiglie ed altri elementi che raccoglie e, senza quasi modificarli, applica sulla tela oppure dispone secondo un disegno prefissato o secondo scrittura automatica.
I materiali, intesi come ready-made, ossia oggetto ritrovato, si offrono a lei già pronti in attesa del gesto dell'artista che li anima dando loro un significato estetico e simbolico come nel caso dei sassi posti in successione ad indicare il cammino attraverso le strade del mondo.
Sempre alla ricerca di nuovi mezzi espressivi, Dapuzzo mantiene di volta in volta uno stile personale riconoscibile in quanto riesce a far scaturire, sia nei dipinti che nelle sculture, un senso panico della natura colta nella semplice eppur solenne bellezza suscitando empatia e dialogo tra gli elementi, ne prolunga l'esistenza e ne conferma il valure universale.
Giuliana Romano Bussola - Assessore per la Cultura
(Recensione per l'antologica, nella Chiesa della Misericordia in Casale Monferrato, del 2013).
Viaggio nell'arte con Maria Grazia Dapuzzo e il simbolo metaforico della conchiglia.
E' stata inaugurata venerdì alla chiesa della Misericordia dall'assessore alla cultura Giuliana Bussola la mostra antologica della pittrice Maria Grazia Dapuzzo, sarà aperta fino al 24. La Dapuzzo genovese ma che dagli anni '80 vive a Casale Monferrato presenta una visione completa del suo lavoro visivo sin dalla fine degli anni sessanta, quando ragazzina amava dipingere liberamente paesaggi marini dolcissimi che sottolineavano già il desiderio di una ricerca formale legata alla natura. Negli anni Settanta ed inizio Ottanta rende minimale il suo segno ed iniziano una serie di lavori neofigurativi letti in una visione neo-pop dove una linea densa costruiva il percorso di unione fra uomo e natura in una scenografia monocroma dove pensiero e forma colloquiavano poeticamente. Verso la fine degli anni '80 il percorso verte una antropizzazione ricercando una visione denaturalizzata di una natura ferita, abbandonata, recuperando una gestualità informale che trascinava una matericità dentro l'opera fisica usando conchiglie, rami, oggetti per costruire una propria spiaggia della memoria atavica di una natura che grida la sua sofferenza dalla violenza di un eventuale inquinamento etico e organico. Si passa così dai ricordi di viaggi ai quattro elementi naturali, versando nel fuoco e nell'energia della lava sorretta dal cordone della nostra storia uno dei suoi momenti creativi più intensi. Ma il viaggio prosegue con il recente periodo, dove i supporti cambiano sperimentando acciai, la matericità di tele grezze, ritornano le antiche conchiglie simboli di ancestralità passate dove la purezza della vita veniva sporcata dalla notte eterna. La Dapuzzo quindi in questi lavori maturi prosegue il viaggio nell'arte in un mondo dove si supera la visione di alto e basso e con una lettura sensibilmente profonda per ritrarre una natura sempre più contaminata dalle nostre egocentricità riconosciuta nel simbolo metaforico della conchiglia.
Piergiorgio Panelli (Recensione tratta da: Il Monferrato.it del 18/02/ 2013)
Galleria Costanzo. E' aperta in via Benvenuto San Giorgio la personale di Maria Grazia Dapuzzo "I segni del cammino" curata da Carlo Pesce. La Dapuzzo in questi ultimissimi lavori prosegue il percorso dell'assemblaggio materico tornando al supporto della tela dopo il periodo degli acciai, ma una tela rivestita di iuta, regalando all'intervento un sapore cromatico caldo ed ancestrale.
Piergiorgio Panelli (Recensione tratta da Il Monferrato del 14 aprile 2006)
Baronino: l'acciaio di Maria Grazia Dapuzzo
E' stata inaugurata sabato alla Baronino alla presenza dell'assessore alla cultura Luigi Merlo la personale della pittrice Maria Grazia Dapuzzo. La Dapuzzo di origine genovese, casalese di adozione, presenta una serie di nuovi lavori su supporti di acciaio risultato di una sua nuova ricerca visiva la quale sottolinea un desiderio di un forte interesse verso una ricerca simbolico-concettuale dell'opera.
Il tema dell'artista rimane sempre la natura, ma questa volta non più solo contemplata ma vissuta come intervento materico gestuale, impacchettata dentro una memoria ancestrale, forse premonitrice di una futura realtà? Noi preferiamo essere utopisti ed ottimisti e leggere nell'opera "Il cammino di Santiago" una strada sicura nel tortuoso percorso della vita.
Fra le opere su acciaio troviamo anche "L'incontro" dove il colore in questo caso diventa la chiave fondamentale dell'opera; i gesti cromatici dei pastelli a cera diventano linee morbide e sensuali che circondano la staticità della roccia applicata al centro dell'intervento come se da essa esplodesse un ciclone poetico di energia.
Nella mostra sono anche presenti lavori degli anni '94-'95, della serie dei viaggi attraverso i quattro elementi della natura: acqua, fuoco, terra, aria. Opere queste che vanno lette nella loro matericità cromatica quasi minimale di assoluto impatto emotivo come in "Viaggio negli abissi del mare" del '94.
Piergiorgio Panelli, 1999.
Le idee di "Arteinfiera"
Maria Grazia Dapuzzo ferma dentro la sua tela la lava di un vulcano, penetrando dentro colore, fuoco, materia, trascinando con se oggetti della nostra memoria attimi fuggenti, in una pittura vibrante.
Piergiorgio Panelli, 1999.
Da " Arteinfiera" Casale Monferrato 09/02/95
Una perspicace azione cromatica, quella di Maria Grazia Dapuzzo, tagliata da un ermetismo minimale.
Piergiorgio Panelli, 1995.
Da "Il Monferrato" del 25/10/94
La Dapuzzo immagina un viaggio attraverso i quattro elementi naturali, nel quale razionalizza il proprio gesto informale nella ricerca di una poetica minimale.
Nell'opera "Viaggio attraverso un fiume di lava" del '94, una corda tesa orizzontalmente al centro dell'opera, geometrizza la nostra senzasione di angoscia ed invita ad aggrapparci con sicurezza nell'inconscio del viaggio dell'artista.
Piergiorgio Panelli, 1994.
Personale di Maria Grazia Dapuzzo a Sète, nella Francia Meridionale
L'artista casalese Maria Grazia Dapuzzo terrà una personale a Sète, nella Francia Meridionale, dal 1 al 15 di luglio.
L'artista è conosciuta a Casale per il libro "Casale Monferrato, l'antica città di Vardacate", seguito dal secondo volume su Piovera.
Nel suo libro, presentato alla Baronino dal presidente provinciale Filippi e dal sindaco Mascarino, la Dapuzzo attraverso lo studio delle mappe catastali e l'applicazione della metodologia muratoriana, identifica i sistemi centuriali romani presenti nella piana alessandrina e il sito romano di Vardacate nell'attuale Casale Monferrato.
I ritrovamenti di resti romani, posteriori alla presentazione del libro, tra gli ultimi quelli di Palazzo Misericordia e del Duomo, confermano la tesi sostenuta dalla ricercatrice, nonostante i vari scetticismi di illustri personaggi.
Come artista la Dapuzzo ha all'attivo una carriera che inizia da prima del suo trasferimento a Casale Monferrato da Genova. Da allora ha esposto in numerose mostre in diverse città.
Questra mostra di Sète arriva a suggello di trentuno anni di attività dell'artista. La"Municipalité" di Sète ha riconosciuto il valore dell'artista e l'ha invitata a tenere una personale nel suo centro culturale "Salle Pechot", dal 1 al 15 di luglio prossimo.
Il vernissage si terrà venerdì 2 luglio alle 18,30 alla presenza del sindaco.
Luigi Angelino 2010 - (Redazione: Il Monferrato)
I SEGNI DEL CAMMINO
Maria Grazia Dapuzzo ha cominciato a impostare i suoi lavori seguendo la propria ispirazione artistica una trentina di anni fa, più precisamente agli inizi degli anni Ottanta. Inizialmente la sua era una produzione sintetica nella quale prevaleva la descrizione della figura umana. Via via che ella è proceduta nella sua personale ricerca si è sempre maggiormente manifestata una sensibilità intesa a esaltare una particolare forma di naturalismo, un naturalismo insolito, non basato su suggestioni derivanti dalla natura, ma fatto di elementi che, in modo assolutamente evidente arrivano direttamente dalla natura.
Il punto di partenza della Dapuzzo fu l’assemblaggio di oggetti – fiori, uova, sassi, scheletri di molluschi – sui quali veniva steso, anzi gettato, un po’ seguendo i modi della tecnica del dripping, il colore. In questo caso si formava un reticolo di “gocce” che copriva gli oggetti attaccati al supporto, un reticolo che creava un effetto straniante, l’illusione tridimensionale di, per esempio, un fondale marino, un sottobosco, o altro, talvolta sporcati, calpestati – ma anche glorificati – dall’intervento esterno dell’uomo/pittore.
Le sue “visioni” erano la manifestazione della realtà di un mondo sempre più distante, sempre meno propenso a apparire nel contesto di un’essenza vitale vivace e vincente. In quel frangente la Dapuzzo traeva dalla propria esperienza quotidiana le ispirazioni, e di conseguenza, i materiali per le proprie composizioni, attratta da essi, dal loro carico emotivo, come se stesse operando una continua ricerca di “cose” che potessero darle conferma del loro – e quindi del suo – appartenere a questa realtà.
Nel momento successivo lo stilema della produzione della Dapuzzo diventava la corda. Si trattava di un elemento particolare, che sembrava rievocare i simboli del più evidente gnosticismo orientale.
La corda era un viaggio verso la conoscenza, l’istinto di ascensione al cielo. La corda è stato un importante tassello all’interno della crescita artistica di Maria Grazia Dapuzzo, perchè la corda lega e limita, fornendo allo stesso tempo la possibilità di infinita estensione e libertà; può dare accesso al cielo ed è associata ai riti di passaggio, quindi alla scala, al ponte, all’albero, alla montagna. Sulla scia di questa maturazione, come un collezionista di ricordi, durante i suoi soggiorni al di fuori dai propri spazi, ecco che le sue mani si riempiono di piccoli oggetti, frammenti di spazi alieni, piccole strutture geologiche, intorno ai quali cresceva un’esigenza di possesso non tanto legata a un tipo di documentazione collezionistica da wunderkammern, quanto sentita come conclusione di una ricerca di forme e/o tracciati geometrici di questi frammenti, da applicare alle sue composizioni.
A questo punto, seguendo due istinti opposti, i frammenti diventavano, sulle sue tele o sui suoi acciai, delle strutture verticali all’interno di stesure che evocavano il viaggio, l’elevazione spirituale che questo evento comportava nella vita di un uomo, e nello stesso tempo, erano l’indicazione di una memoria appartenente esclusivamente all’artista.
La particolare forma di questo gruppo di lavori, realizzati quasi tutti negli ultimi anni, testimoniata dall’esposizione della Galleria Costanzo, propone i limiti di una riflessione incentrata sul cammino, un cammino monodirezionato – sempre verso l’alto – che, in molti casi, è strutturato simbolicamente da una teoria di sassolini, spesso chiusi tra due ali di sabbie o di terre, ali che sembrano non solo contenere, ma anche limitare, i passi di un eventuale pellegrino.
Dal punto di vista formale si può parlare del ricorso a una sorta di Land Art, di una elaborazione concettuale impostata sulla scia di esperienze storiche maturate durante gli ultimi decenni del secolo scorso. L’intervento nella natura di Maria Grazia Dapuzzo è sottolineato dal rifiuto dei tradizionali mezzi espressivi e nella ricerca di nuove modalità di realizzazione di un’opera che non è un prodotto finito – la iuta grezza come supporto, l’intento debordante della fila di elementi che compone la linea verticale che sembra continuare al di là del limite della tela – o un “oggetto consumabile”. Al contrario di quanto pensato nel contesto della teorizzazione sulla Ecological Art di John Gibson, la proposta della Dapuzzo non è integrata con l’ambiente, ma è formata da elementi presi dall’ambiente, privati però di quella carica provocatoria e demistificante tipica di quel momento, a vantaggio di un più attuale e personale valore simbolico.
Carlo Pesce, 2006
Maria Grazia Dapuzzo
Architetto e artista
Maria Grazia Dapuzzo, architetto ed artista, è nata a Genova ma dal 1979 risiede a Casale Monferrato, la città alla quale ha dedicato uno studio approfondito pubblicando il libro “Casale Monferrato – l’antica città romana di Vardacate”, con il quale, attraverso un prezioso studio a livello territoriale, urbanistico, edilizio e architettonico ha permesso l’individuazione di un impianto romano. L’attività di architetto si manifesta con la ricerca della realtà progettuale che ci circonda ed un secondo libro, “Piovera e il suo territorio” è in fase di pubblicazione. Nel 1991, in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Genova e l’Assessorato ai Lavori Pubblici del Comune di Casale, ha promosso una mostra-conferenza sul tema dell’arredo urbano, che ha segnato l’inizio del dibattito sulla pedonalizzazione del centro storico della nostra città.
Fin da piccolina, Maria Grazia Dapuzzo inizia a dipingere con i colori ad olio e questa grande passione la porterà a frequentare il liceo artistico e in seguito a frequentare la Facoltà di Architettura. Dagli anni ottanta espone le sue opere in prestigiose sedi, e riceve numerosi riconoscimenti e premi. Attiva in campo artistico, negli anni novanta, insieme al marito e ad altri artisti casalesi, fonda l’Associazione Artistica ARCA. In seguito ampia il suo campo d’azione rivolgendosi al design nel settore dell’arredamento; sue opere si trovano in esposizione permanente presso la Galleria Ellequadro Documenti di Genova.
Il suo percorso artistico inizia con il figurativo ed una continua ricerca la porta agli assemblaggi, particolarmente suggestivi e di raffinata eleganza, realizzati con pitture ad olio su tela e l’inserimento di materiali, quali legni, conchiglie, fiori e pietre: la natura rivive nelle opere in tutta la sua disarmante bellezza.
Le ultime realizzazioni sono opere concettuali su acciaio, esposte lo scorso anno presso la Galleria Mondadori di Alessandria, insieme alle tele con corda, che rappresentano i quattro elementi, terra, acqua, fuoco e aria. La sua prossima personale sarà inaugurata l’8 aprile alla Galleria Costanzo di Via Benvenuto S. Giorgio.
L’ultima opera di Maria Grazia Dapuzzo è una chanukka per il Museo Israelitico di Casale Monferrato, realizzata con una pietra da cantone, la tipica pietra del nostro territorio.
Artisti di Monferrato a cura di Nadia Presotto Luparia
LA VITA CASALESE, 2 marzo 2006
Le nuove "opere" di Maria Grazia Dapuzzo
(Am. Boc. 21/3) - Una mostra delle sue "Opere" aveva già allestito Maria Grazia Dapuzzo alla Mondadori di Alessandria. Ora espone altre "Opere" a Casale Monferrato, nella prestigiosa galleria Costanzo di via Benvenuto Sangiorgio 4, dall'8 al 29 aprile.
L'artista genovese, formatasi al liceo artistico Barabino e poi alla facoltà di Architettura, sempre a Genova, si è trasferita a Casale a fine anni '70, epoca delle sue prime mostre collettive e personali, tenute in molte città.
In seguito, con la facoltà di Architettura di Genova e l'Assessorato ai lavori pubblici del Comune di Casale, ha promosso la mostra-conferenza sul tema "Arredo urbano", spaziando poi anche nell'arredamento, al confine tra arte e design.
Alcune sue opere vengono esposte in mostre permanenti e musei, come il Castello di Piovera e il Convento di Santa Maria di Castello a Genova. Se è stimolante vedere la partecipazione di Maria Grazia Dapuzzo alla mostra permanente "Fossili moderni" di Piovera, è ancora più significativo visitare "il grande sole: frammenti. Nel cinquantenario di Hiroshima", una installazione di quattro pezzi quadrangolari proprietà del Convento suddetto.
Non si potrà però salire nell'accogliente galleria Costanzo ad ammirare la nuova rassegna senza conoscere appieno la produzione culturale dell'artista. Maria Grazia è anche l'autrice di "Casale Monferrato, l'antica città romana di Vardacate", ed. Alinea. Il volume, di circa 140 pagine, corredato da molte interessanti fotografie, patrocinato dall'Ordine degli architetti della nostra Provincia, dalla Fondazione CRT e dalla Città di Casale, rappresenta una chicca di carattere storico-architettonico.
Il testo "vuole aiutare a capire la formazione dell'impianto e le fasi successive di Casale Monferrato scoprendo le regole comportamentali dei sistemi di strutture, che consentono alle abitazioni di relazionarsi tra loro costituendo tessuti edilizi in cui possono svilupparsi tipologie di base in rapporto gerarchico con organismi architettonici a scala più grande e per questo più importanti ed emergenti". Consegue la spiegazione della collocazione dei siti.
Ad uno studio tanto importante e preciso ha fatto seguito un analogo approfondimento del territorio di Piovera, anch'esso sviluppatosi su di un insediamento antichissimo.
Solo tenendo conto della poliedrica personalità dell'artista, sempre coerente tuttavia, nelle sue rigorose scelte culturali, si potrà comprendere le "Opere", partendo forse da quella Via Lattea di Santiago in Compostela, slancio della vita, che è il punto di riferimento di tutta la produzione di Maria Grazia. Tra tanti quadri nati da una sorta di collezionismo dei ricordi di viaggio, dai fossili alle piante, dalle conchiglie e a ben di più, si snoda la produzione di un'artista che spazia liberamente in vari campi, facendoci provare emozioni profonde. L'intensità di certi abbinamenti di pittura e collage porta al bassorilievo, più consistente oppure lieve come una trina, mentre la caratteristica di certe forme si riconosce nei totem e nelle opere di pietra, ordinate in serie. E' difficile riassumere la produzione di questa "pittrice-scultrice" proprio per le peculiarità della sua ispirazione, così personale, così creativa. La visita alla galleria Costanzo, fin dall'inaugurazione, sabato 8 aprile alle 18, chiarirà meglio la ricchezza e il significato dei temi in mostra.
Amelia Boccassi
(Pubblicato su AGENFAX il 22 marzo 2006)
Casale M.to: Maria Grazia Dapuzzo, un cammino verso l'alto
(am. boc. 9/8) - Architetto, artista intensamente apprezzata, Maria Grazia Dapuzzo, casalese da molto tempo, si è affemata a partire dai primi anni '80, con un crescendo di notorietà e successo. Dapprima erano i dipinti della figura umana a richiamare l'attenzione della critica. Poi la ricerca dell'artista si è diretta verso una forma del tutto personale di naturalismo. Non suggestioni della natura, ma elementi della natura stessa ispiravano la Dapuzzo. Fiori, sassi, uova, scheletri di molluschi venivano colorati con un effetto tridimensionale; un fondale marino o un sottobosco venivano così toccati dall'intevento dell'uomo. Erano visioni di un mondo distante, i cui materiali l'artista traeva dai suoi viaggi o dalla vita quotidiana, alla ricerca dell'appartenenza a questa realtà.
Veniva poi la produzione legata alla corda, viaggio verso la conoscenza. La corda lega, quindi limita, dando al contempo estensione infinita e associandosi alla scala, al ponte, all'albero e alla montagna. Su questa scia la conclusione della ricerca delle forme, dei tracciati geometrici, si attua mediante piccole strutture geologiche, su tele e acciaio. Quindi le strutture verticali, evocatrici del viaggio diventavano elevazione spirituale e memoria dell'artista.
E' il cammino verso l'alto, quello del pellegrino anche, al di fuori dei tradizionali mezzi espressivi. La iuta grezza e la teoria di sassolini, sovente chiusi tra due ali di sabbia, la linea verticale che continua oltre la tela, parlano del valore simbolico dell'opera di Maria Grazia Dapuzzo, artista universale.
Amelia Boccassi 2006
(Pubblicato su AGENFAX il 9 agosto 2006)
Nell'opera di Maria Grazia Dapuzzo troviamo un ritorno a ciò che è l'essenza della vita: terra, fuoco, acqua e aria.
Il suo è un viaggio attraverso i quattro elementi nel quale si coniugano istinto e ragione, gesto informale e poetica minimale. Nelle sue opere la corda tesa non è solo un'espressione compositiva ma diventa il filo che lega uomo e natura. La semplicità, esplicitata dalla chiarezza compositiva, diventa essenza dell'universo umano.
Ilenio Celoria 1998
(Esposizione presso Galleria Spazio Arte - Gavi)
A Crescentino la personale della pittrice M. Grazia Dapuzzo
Crascentino (L.PA.) - Si chiuderà il 25 marzo prossimo la personale di Maria Grazia Dapuzzo, organizzata dalla città di Crescentino in collaborazione con l'Assessorato alla cultura, presso i locali della biblioteca civica degregoriana «Villa Tournon».
L'artista, genovese d'origine, ma residente a Casale, vanta un iter artistico molto ricco: nel 1980 il debutto al pubblico, nel 1982 la prima personale all'Artecultura di Milano, nell'83 la seconda personale alla Galleria d'arte «Acquario» di Casale, nell'86 l'ammissione alla XXIII Mostra Nazionale di Pittura Contemporanea di Santhià, a cui prenderà nuovamente parte anche nell'88.
Dopo la maturità al liceo artistico, si iscrive presso la facoltà di architettura all'Università di Genova.
L'indirizzo dei suoi studi artisticamente si riflette sul suo stile , sulle sue scelte.
I soggetti ritratti, spesso figure umane, singole o a coppia, oppure animali, rivelano una struttura intrinseca, forte, marcata da tratti decisi, incisivi, pieni di forza e di espressività artistica. Maria Grazia Dapuzzo riversa nelle sue opere una grande interiorità, che si sprigiona anche dai tratti schematici e netti delle figure rappresentate o nella rappresentazione di uno stato d'animo, di un momento di vita.
Viene naturale il parallelismo con gli espressionisti tedeschi come Munch, Ensor, Kirchner. Sono i sentimenti che primeggiano nei tratti aggressivi tracciati da un'abile mano, i sentimenti dell'artista che vuole comunicare con il mondo esterno.
La grafica, così pura ed essenziale, diventa più morbida e dolce nella serie delle «maternità», a testimonianza di un mutato stato d'animo. Nella sua pittura elemento costante ed amato è la natura, che l'artista cerca di «fermare» con immagini nelle sue tele. E' una natura sempre viva, esuberante e allo stesso tempo delicata, come quella delle risaie del vercellese. Altra sua peculiarità sono delle composizioni, difficili da definire, tra il collage e la pittura, create con fantasia e inventiva, facendo uso di materiali diversi, come cappelli di paglia, conchiglie (che le ricordano il suo mare), pietruzze levigate dal tempo, il tutto immortalato sul supporto di una tradizionale tela e legato da morbide pennellate di tenue colore.
Si tratta di composizioni, o meglio assemblages, che inventano un nuovo modo, tutto personale, di fare arte, dove l'espressività e la poesia vengono esaltate in oggetti «rubati» alla natura e riportati su di una tela, per ricreare nell'osservatore le stesse sensazioni che l'artista ha captato.
(Pubblicato su: La Nuova Periferia del 22 marzo 1989)
«VIGORE E DOLCEZZA»
NELLE OPERE DI MARIA GRAZIA DAPUZZO
Maria Grazia Dapuzzo, genovese, risiede a Casale dal 1979. Ma non lascia trascorrere troppo tempo senza una puntata, anzi, un'esplorazione, al suo mare, alla sua spiaggia e ne raccoglie addirittura i simboli, sassolini, conchiglie, granchi, radici, e se li porta nell'ampio suo studio casalese non come souvenir, un ricordo, ma come una realtà che non può e non deve morire.
Le tappe significative del suo iter artistico: 1980, prima uscita pubblica a Genova; 1982, prima personale di pittura a Milano; 1983, seconda personale a Casale; 1986, ammissione alla Esposizione-Concorso nazionale di Santhià.
Un curriculum graduale, progressivo, un avanzare cauto, ma tenace. Se, tuttavia, i suoi primi passi possono sembrare, nel tempo, abbastanza vicini, che cosa dice quella gradevole riproduzione del Gesù Bambino del «Tondo Doni» di Michelangelo con delicate variazioni cromatiche.
Già a dodici anni Maria Grazia si sentiva attratta dal disegno, alla pittura e fu, quindi naturale, la scelta dell'indirizzo degli studi: il liceo artistico. Diplomata, proseguì alla facoltà di Architettura di Genova. Una prima domanda sorge spontanea: quale rapporto può avere il suo stile, la scelta dei soggetti, degli argomenti, con l'architettura?
Apparentemente nessuno, ma se si osservano non superficialmente le sue opere, in particolare i ritratti, le figure umane singole o a coppie, gli animali, si rileva una forte struttura e torna alla mente il richiamo michelangiolesco sull'affinità tra il corpo umano e l'edificio che dovrà proteggerlo.
L'arte di Maria Grazia Dapuzzo si muove in due direzioni: il rapporto con l'uomo e il rapporto con la natura.
Ed anche le tecniche: così come in poesia non si può concepire la Divina Commedia se non in endecasillabi e Ungaretti se non in versi brevi, liberi, ritmicamente succedentisi, così la nostra artista vede gli uomini, gli animali forti, robusti, talvolta aggressivi, e li descrive a tratti incisivi, talché i suoi oli possono essere scambiati per xilografie.
E la natura? Si presenta viva, concreta, l'artista si trasforma di fronte ad essa in un'abile imbalsamatrice.
Ma l'aggressività è nel soggetto o nella pittrice?
Indubbiamente questa dolce fanciulla possiede, nell'intimo, una grande energia e tutta la riversa sulla tela: naturalmente i suoi protagonisti, uomini, coppie, animali, nascono come frutti di quest'operazione, ma non hanno l'aureola attorno al capo o all'intero corpo, la loro struttura è invece robusta. I tratti, esterni ed interni, sono segnati da un gesto sicuro. E talvolta le figure sono schematiche, ma è chiaro il rispetto della forma: altre volte è l'angoscia, lo stato d'animo dell'artista a deformare le sue creature. Anche se stessa, naturalmente, come ne «L'attesa».
Il riferimento agli espressionisti tedeschi, a Munch (che è di origine norvegese), a Ensor, a Kirchner, a Nolde sembra naturale; ma in Maria Grazia Dapuzzo non c'è aggressività, polemica sociale e politica, leggiamo piuttosto sentimenti che, dall'intimo, sono proiettati all'esterno, con l'irruenza della spontanea confessione.
«Il grido» di Munch, anche con i suoi vortici nel cielo tempestoso, insegni.
È vero che queste sue linee, così forti, allorché diverso è lo stato d'animo, si incurvano, si addolciscono, sembrano abbandonare la caratteristica grafica per diventare più «pittura»: ecco dunque la serie delle «maternità» dalle linee avvolgenti nelle quali il grande uovo accoglie e la figura della madre e quella del bambino direttamente innestata nell'abbraccio materno.
Ecco dunque che i sentimenti producono, pur affiorando sempre dall'intimo dell'artista, una sensibile evoluzione e nella forma espressiva e nella tecnica.
Il rapporto con la natura si può tradurre in delicate composizioni, le risaie del Vercellese, con i loro tenui colori, attraversate dai regolari rincalzi di terra tra uno specchio e l'altro, ma soprattutto in quegli assemblages, per i quali non è facile inventare una definizione, che si pongono tra la pop-art e l'arte povera e costituiscono veri e propri bassorilievi: non ci vuole un esperto a chiarire che cosa vogliono esprimere: l'amore alla natura ed in particolare al mare, che Maria Grazia Dapuzzo vuoi portare con sé ovunque ella vada.
E nell'ampio, storico ambiente di Casale, dai muri tozzi, possenti, attraverso i quali non può penetrare la viscida ed ambigua nebbia, entra invece il profumo del mare. Ed anche il «sapore».
Ecco quindi cappelli di paglia per ripararsi dal sole (‹‹mi piacciono tanto i cappelli» confida Maria Grazia) e valve e conchiglie e granchietti e petruzze levigate dalle onde e quant'altro il mare raccoglie e restituisce: il supporto prescelto è la tela, la tradizionale tela, e ognuno di questi elementi è disposto in modo che ne nasce un'armonica composizione, odorosa, saporosa, piena di poesia, ma al tempo stesso concreta. Le diverse schegge di questo flessuoso, altalenante mosaico sono legate insieme da lunghe pennellate color della calce, dell'ocra, ma anche di colori più vivi, il violetto, il rosso carminio, l'arancio.
Arte povera? No, arte ricca. Pop art? Si può dire, come per Oldenburg scrisse Robert Hughes («Lo shock dell'arte moderna»): «Nel suo desiderio di toccare, spremere, colpire, assorbire, assimilare... Oldenburg spiegò una sorprendente varietà di tecniche e di materiali...»; così Maria Grazia Dapuzzo inventa una tecnica che non si può definire semplicemente collage in quanto interessa e coinvolge materiali raccolti sulla spiaggia, fiori, singoli e a fasci, gusci di uova e relativi contenitori di cartone, rami di palme e di altri alberi, creando appunto un'espressione d'arte che, se non è nuovissima, è comunque affrontata con spirito nuovo; attingendo alla natura, non l'appiattisce, ma ne traduce, oltre alla forma, anche il volume. Ma non soltanto: dalle composizioni di Maria Grazia Dapuzzo affiora quel profumo, quel sapore, quello spirito che la materia in sé nasconde e libera con l'intervento dell'artista: un gesto, un tocco, un alito.
Un'artista, dunque, la cui immagine si mostra sempre vigorosa, sia che l'irruente energia si traduca in tratti, in figure proiettate in avanti, che intendono conquistarsi il loro spazio, sia che dalla natura stessa, con atto d'amore, tragga la sostanza per i suoi bassorilievi, nei quali, tuttavia, è percettibile un sentimento di dolcezza, di nostalgia.
Aldo Spinardi, 1989
REDAZIONE DI “ARTECULTURA”
MARIA GRAZIA DAPUZZO
Tra concettuale e tensione espressionista. Milano, 8 maggio 1982.
Nei contatti con i giovani pittori che si propone la rivista, questo è stato l'incontro con i dipinti di Maria Grazia Dapuzzo, di cui già sullo scorso numero di ARTECULTURA fu data notizia. Una giovane pittrice che alterna il suo lavoro di tavolozza al tempo libero che le consentono i corsi universitari di architettura. Una presenza pittorica e di tensione: istintiva nel gesto e colta nella proposta che mette in evidenza il messaggio sul piano della ricerca tendenzialmente incline all'emozione drammatica. Anche se, poi, nell'insieme della sua produzione artistica si conoscono modelli che diffondono su piani di riposato colore, come sul giallo, concettuali scritture fermentate da allusive armonie.
Ma ciò che a nostro avviso primeggia nella figura della Dapuzzo, è dato dalla tensione espressionista, come del resto è stato fatto rilevare concordemente nell'incontro dei critici Domenico Cara e Gino Traversi. Ed è, benappunto, in queste figure matericamente improntate, dove la pittrice gestisce il suo spirito creativo con insolita animazione. La manifestazione dove la figura viene codificata in immagine dalla costruzione di solleciti tratti di pennellate che mettono in piena evidenza la natura psicologica e la potenzialità creativa della pittrice. La sua spinta immaginazione che manifesta nelle maternità il peso di tutto il suo raccoglimento. Una sensibilità che ancora amplifica il suo intervento, che si fa determinatamente più drammatico quando la pittrice si domanda con gli avvenimenti del quotidiano: lo spirito artistico diviene linguaggio critico d'approfondimento causale e sprigiona la sua migliore emozione creativa. Una pittura di sintesi, e pertanto, portata a conseguire i meriti dei suoi consensi di cui il nostro segna l'inizio.
Giuseppe Martucci
MARIA GRAZIA DAPUZZO
Una pittrice, un dibattito: redazione artecultura 8 - 15 maggio 1982
Maria Grazia Dapuzzo è una giovane pittrice dalla sensibile tensione che artisticamente si interroga con lo spirito dell'uomo. Non dipinge da molto. Ha incominciato da tre o quattro anni anche se nella sua cultura creativa figura il liceo artistico e attualmente studia architettura. Il periodo di qualche anno non dice molto per poter tirare un bilancio, tanto più che Maria Grazia, (così firma i suoi quadri), solo ora sta organizzando in modo più sistematico la sua materia pittorica e precisando nel metodo la simbologia di una sentita ricerca.
I primi anni si sa, sono piuttosto caotici dal punto di vista creativo: c'è da fare i conti con un certo scolasticismo, c'è da liberarsi da una serie di influssi e di seduzioni, che immancabilmente entrano nel proprio discorso figurativo, appesantendolo e oscurando gli elementi più personali e più originali. Questi influssi ci sono tutti in Maria Grazia, la cui pittura oscilla dall'informale al simbolismo, da certi tratti sperimentali ad alcune marcature espressioniste. Ora io penso che Maria Grazia stia trovando una strada tutta sua, esaurita questa fase di ricerca, di tentativi. Una strada che rompa col già codificato, che metta in risalto le sue qualità, elaborando uno stile che non sia mera assunzione di tendenze o di scuole, seppure nobilmente gloriose. Ad esempio sarebbe interessante, ed i risultati potrebbero a ragione premiarla, se Maria Grazia approfondisse la serie sequenziale della maternità, in cui ci è parso di scorgere un maggiore ordine saggistico, ed anche una più acquisita maturità formale.
Ma senza trascurare nel contempo, l'interpretazione, che mi pare interessante, e ricca di fantasia dei testi poetici. Non lasciare, ad esempio, come episodio casuale, il discorso iniziato con i due quadri «Ed è subito sera» e «Mi illumino d'immenso».
Ne potrebbe scaturire una soluzione interessante, giacché poesia e pittura sono inscindibilmente legate da più componenti. Ma sarebbe anche molto divertente poterne gustare gli esiti, scoprire dove la fantasia della pittrice potrebbe andare a scavare, e perchénnò? giacché oggi tanto si parla di poesia visiva, portare alle estreme conseguenze interpretative tale raffigurabilità.
E' una pittura tutt'altro che facile quella di Maria Grazia, ma quando nell'immagine prevale la scelta drammatica s'è in presenza della fertile ragione dell'arte. Occorre solo lavorare per appagare i momenti espressivi del sentimento.
Angelo Gaccione
Parla in modo disinvolto dell'Action painting Maria Grazia Dapuzzo, artista casalese (definirla pittrice sarebbe riduttivo), citando quei maestri del "dripping" e della pop art che a partire dagli anni '50, in America, hanno dato vita a una nuova era, stravolgendo i canoni sia del concetto che della tecnica pittorica. Lo fa per spiegare perchè dipinge in un certo modo, perché per lei dipingere è non solo segno, colore e concetto, ma anche espressione corporea che implica movimento e gestualità liberatoria.
Domani, sabato 23 settembre, alle 16 al ristorante enoteca Tacabanda, via al Teatro Alfieri, Maria Grazia Dapuzzo inaugurerà la sua personale, che resterà per un paio di mesi. L'artista ha al suo attivo mostre in gallerie e musei importanti, ma le opere che di volta in volta espone spaziano dalla pittura alla scultura, dal disegno all'assemblaggio polimaterico.
Al Tacabanda i visitatori troveranno una serie di quadri ispirati alla natura, realizzati coniugando il "dripping" con l'introduzione di elementi che con la pittura hanno ben poco a che vedere: rami colti nei boschi, conchiglie, radici e altro. Ricordando che certe correnti artistiche sono nate con funzione dirompente nei confronti della mentalità conservatrice dell'epoca, Maria Grazia confessa che nelle sue opere "l'utilizzo di determinate tecniche, non va intrepretate come polemica sociale". Ma poi, quasi a smentirsi aggiunge: "Il mio discorso è rivolto alla natura perciò, nelle mie realizzazioni, non si trovano oggetti di consumo, ma elementi presi dalla natura stessa". I quadri al Tacabanda sono un inno alla vita. Ma nel suo studio ci sono tele "militanti", che esprimono la tragedia dei disastri ecologici.
Armando Brignolo (Pubblicato su La Stampa il 22/09/2017)
Maria Grazia Dapuzzo - Antologica
Il percorso artistico di Maria Grazia Dapuzzo si è arricchito di molte sollecitazioni delle avanguardie storiche per poi procedere con proprie intuizioni e soluzioni interessanti.
Sperimentando l'eredità lasciata da pop art, dada, action painting, informale, senza tralasciare il figurativo legato all'espressionismo, è approdata all'assemblaggio e alle installazioni di vari materiali presenti in natura.
Un traguardo questo che conferma l'amore per tutto ciò che fa parte dell'esistenza terrestre, dell'impegno estetico, etico, ecologico nel cogliere la potenzialità della pietra, del legno, dei fossili, delle conchiglie ed altri elementi che raccoglie e, senza quasi modificarli, applica sulla tela oppure dispone secondo un disegno prefissato o secondo scrittura automatica.
I materiali, intesi come ready-made, ossia oggetto ritrovato, si offrono a lei già pronti in attesa del gesto dell'artista che li anima dando loro un significato estetico e simbolico come nel caso dei sassi posti in successione ad indicare il cammino attraverso le strade del mondo.
Sempre alla ricerca di nuovi mezzi espressivi, Dapuzzo mantiene di volta in volta uno stile personale riconoscibile in quanto riesce a far scaturire, sia nei dipinti che nelle sculture, un senso panico della natura colta nella semplice eppur solenne bellezza suscitando empatia e dialogo tra gli elementi, ne prolunga l'esistenza e ne conferma il valure universale.
Giuliana Romano Bussola - Assessore per la Cultura
(Recensione per l'antologica, nella Chiesa della Misericordia in Casale Monferrato, del 2013).
Viaggio nell'arte con Maria Grazia Dapuzzo e il simbolo metaforico della conchiglia.
E' stata inaugurata venerdì alla chiesa della Misericordia dall'assessore alla cultura Giuliana Bussola la mostra antologica della pittrice Maria Grazia Dapuzzo, sarà aperta fino al 24. La Dapuzzo genovese ma che dagli anni '80 vive a Casale Monferrato presenta una visione completa del suo lavoro visivo sin dalla fine degli anni sessanta, quando ragazzina amava dipingere liberamente paesaggi marini dolcissimi che sottolineavano già il desiderio di una ricerca formale legata alla natura. Negli anni Settanta ed inizio Ottanta rende minimale il suo segno ed iniziano una serie di lavori neofigurativi letti in una visione neo-pop dove una linea densa costruiva il percorso di unione fra uomo e natura in una scenografia monocroma dove pensiero e forma colloquiavano poeticamente. Verso la fine degli anni '80 il percorso verte una antropizzazione ricercando una visione denaturalizzata di una natura ferita, abbandonata, recuperando una gestualità informale che trascinava una matericità dentro l'opera fisica usando conchiglie, rami, oggetti per costruire una propria spiaggia della memoria atavica di una natura che grida la sua sofferenza dalla violenza di un eventuale inquinamento etico e organico. Si passa così dai ricordi di viaggi ai quattro elementi naturali, versando nel fuoco e nell'energia della lava sorretta dal cordone della nostra storia uno dei suoi momenti creativi più intensi. Ma il viaggio prosegue con il recente periodo, dove i supporti cambiano sperimentando acciai, la matericità di tele grezze, ritornano le antiche conchiglie simboli di ancestralità passate dove la purezza della vita veniva sporcata dalla notte eterna. La Dapuzzo quindi in questi lavori maturi prosegue il viaggio nell'arte in un mondo dove si supera la visione di alto e basso e con una lettura sensibilmente profonda per ritrarre una natura sempre più contaminata dalle nostre egocentricità riconosciuta nel simbolo metaforico della conchiglia.
Piergiorgio Panelli (Recensione tratta da: Il Monferrato.it del 18/02/ 2013)
Galleria Costanzo. E' aperta in via Benvenuto San Giorgio la personale di Maria Grazia Dapuzzo "I segni del cammino" curata da Carlo Pesce. La Dapuzzo in questi ultimissimi lavori prosegue il percorso dell'assemblaggio materico tornando al supporto della tela dopo il periodo degli acciai, ma una tela rivestita di iuta, regalando all'intervento un sapore cromatico caldo ed ancestrale.
Piergiorgio Panelli (Recensione tratta da Il Monferrato del 14 aprile 2006)
Baronino: l'acciaio di Maria Grazia Dapuzzo
E' stata inaugurata sabato alla Baronino alla presenza dell'assessore alla cultura Luigi Merlo la personale della pittrice Maria Grazia Dapuzzo. La Dapuzzo di origine genovese, casalese di adozione, presenta una serie di nuovi lavori su supporti di acciaio risultato di una sua nuova ricerca visiva la quale sottolinea un desiderio di un forte interesse verso una ricerca simbolico-concettuale dell'opera.
Il tema dell'artista rimane sempre la natura, ma questa volta non più solo contemplata ma vissuta come intervento materico gestuale, impacchettata dentro una memoria ancestrale, forse premonitrice di una futura realtà? Noi preferiamo essere utopisti ed ottimisti e leggere nell'opera "Il cammino di Santiago" una strada sicura nel tortuoso percorso della vita.
Fra le opere su acciaio troviamo anche "L'incontro" dove il colore in questo caso diventa la chiave fondamentale dell'opera; i gesti cromatici dei pastelli a cera diventano linee morbide e sensuali che circondano la staticità della roccia applicata al centro dell'intervento come se da essa esplodesse un ciclone poetico di energia.
Nella mostra sono anche presenti lavori degli anni '94-'95, della serie dei viaggi attraverso i quattro elementi della natura: acqua, fuoco, terra, aria. Opere queste che vanno lette nella loro matericità cromatica quasi minimale di assoluto impatto emotivo come in "Viaggio negli abissi del mare" del '94.
Piergiorgio Panelli, 1999.
Le idee di "Arteinfiera"
Maria Grazia Dapuzzo ferma dentro la sua tela la lava di un vulcano, penetrando dentro colore, fuoco, materia, trascinando con se oggetti della nostra memoria attimi fuggenti, in una pittura vibrante.
Piergiorgio Panelli, 1999.
Da " Arteinfiera" Casale Monferrato 09/02/95
Una perspicace azione cromatica, quella di Maria Grazia Dapuzzo, tagliata da un ermetismo minimale.
Piergiorgio Panelli, 1995.
Da "Il Monferrato" del 25/10/94
La Dapuzzo immagina un viaggio attraverso i quattro elementi naturali, nel quale razionalizza il proprio gesto informale nella ricerca di una poetica minimale.
Nell'opera "Viaggio attraverso un fiume di lava" del '94, una corda tesa orizzontalmente al centro dell'opera, geometrizza la nostra senzasione di angoscia ed invita ad aggrapparci con sicurezza nell'inconscio del viaggio dell'artista.
Piergiorgio Panelli, 1994.
Personale di Maria Grazia Dapuzzo a Sète, nella Francia Meridionale
L'artista casalese Maria Grazia Dapuzzo terrà una personale a Sète, nella Francia Meridionale, dal 1 al 15 di luglio.
L'artista è conosciuta a Casale per il libro "Casale Monferrato, l'antica città di Vardacate", seguito dal secondo volume su Piovera.
Nel suo libro, presentato alla Baronino dal presidente provinciale Filippi e dal sindaco Mascarino, la Dapuzzo attraverso lo studio delle mappe catastali e l'applicazione della metodologia muratoriana, identifica i sistemi centuriali romani presenti nella piana alessandrina e il sito romano di Vardacate nell'attuale Casale Monferrato.
I ritrovamenti di resti romani, posteriori alla presentazione del libro, tra gli ultimi quelli di Palazzo Misericordia e del Duomo, confermano la tesi sostenuta dalla ricercatrice, nonostante i vari scetticismi di illustri personaggi.
Come artista la Dapuzzo ha all'attivo una carriera che inizia da prima del suo trasferimento a Casale Monferrato da Genova. Da allora ha esposto in numerose mostre in diverse città.
Questra mostra di Sète arriva a suggello di trentuno anni di attività dell'artista. La"Municipalité" di Sète ha riconosciuto il valore dell'artista e l'ha invitata a tenere una personale nel suo centro culturale "Salle Pechot", dal 1 al 15 di luglio prossimo.
Il vernissage si terrà venerdì 2 luglio alle 18,30 alla presenza del sindaco.
Luigi Angelino 2010 - (Redazione: Il Monferrato)
I SEGNI DEL CAMMINO
Maria Grazia Dapuzzo ha cominciato a impostare i suoi lavori seguendo la propria ispirazione artistica una trentina di anni fa, più precisamente agli inizi degli anni Ottanta. Inizialmente la sua era una produzione sintetica nella quale prevaleva la descrizione della figura umana. Via via che ella è proceduta nella sua personale ricerca si è sempre maggiormente manifestata una sensibilità intesa a esaltare una particolare forma di naturalismo, un naturalismo insolito, non basato su suggestioni derivanti dalla natura, ma fatto di elementi che, in modo assolutamente evidente arrivano direttamente dalla natura.
Il punto di partenza della Dapuzzo fu l’assemblaggio di oggetti – fiori, uova, sassi, scheletri di molluschi – sui quali veniva steso, anzi gettato, un po’ seguendo i modi della tecnica del dripping, il colore. In questo caso si formava un reticolo di “gocce” che copriva gli oggetti attaccati al supporto, un reticolo che creava un effetto straniante, l’illusione tridimensionale di, per esempio, un fondale marino, un sottobosco, o altro, talvolta sporcati, calpestati – ma anche glorificati – dall’intervento esterno dell’uomo/pittore.
Le sue “visioni” erano la manifestazione della realtà di un mondo sempre più distante, sempre meno propenso a apparire nel contesto di un’essenza vitale vivace e vincente. In quel frangente la Dapuzzo traeva dalla propria esperienza quotidiana le ispirazioni, e di conseguenza, i materiali per le proprie composizioni, attratta da essi, dal loro carico emotivo, come se stesse operando una continua ricerca di “cose” che potessero darle conferma del loro – e quindi del suo – appartenere a questa realtà.
Nel momento successivo lo stilema della produzione della Dapuzzo diventava la corda. Si trattava di un elemento particolare, che sembrava rievocare i simboli del più evidente gnosticismo orientale.
La corda era un viaggio verso la conoscenza, l’istinto di ascensione al cielo. La corda è stato un importante tassello all’interno della crescita artistica di Maria Grazia Dapuzzo, perchè la corda lega e limita, fornendo allo stesso tempo la possibilità di infinita estensione e libertà; può dare accesso al cielo ed è associata ai riti di passaggio, quindi alla scala, al ponte, all’albero, alla montagna. Sulla scia di questa maturazione, come un collezionista di ricordi, durante i suoi soggiorni al di fuori dai propri spazi, ecco che le sue mani si riempiono di piccoli oggetti, frammenti di spazi alieni, piccole strutture geologiche, intorno ai quali cresceva un’esigenza di possesso non tanto legata a un tipo di documentazione collezionistica da wunderkammern, quanto sentita come conclusione di una ricerca di forme e/o tracciati geometrici di questi frammenti, da applicare alle sue composizioni.
A questo punto, seguendo due istinti opposti, i frammenti diventavano, sulle sue tele o sui suoi acciai, delle strutture verticali all’interno di stesure che evocavano il viaggio, l’elevazione spirituale che questo evento comportava nella vita di un uomo, e nello stesso tempo, erano l’indicazione di una memoria appartenente esclusivamente all’artista.
La particolare forma di questo gruppo di lavori, realizzati quasi tutti negli ultimi anni, testimoniata dall’esposizione della Galleria Costanzo, propone i limiti di una riflessione incentrata sul cammino, un cammino monodirezionato – sempre verso l’alto – che, in molti casi, è strutturato simbolicamente da una teoria di sassolini, spesso chiusi tra due ali di sabbie o di terre, ali che sembrano non solo contenere, ma anche limitare, i passi di un eventuale pellegrino.
Dal punto di vista formale si può parlare del ricorso a una sorta di Land Art, di una elaborazione concettuale impostata sulla scia di esperienze storiche maturate durante gli ultimi decenni del secolo scorso. L’intervento nella natura di Maria Grazia Dapuzzo è sottolineato dal rifiuto dei tradizionali mezzi espressivi e nella ricerca di nuove modalità di realizzazione di un’opera che non è un prodotto finito – la iuta grezza come supporto, l’intento debordante della fila di elementi che compone la linea verticale che sembra continuare al di là del limite della tela – o un “oggetto consumabile”. Al contrario di quanto pensato nel contesto della teorizzazione sulla Ecological Art di John Gibson, la proposta della Dapuzzo non è integrata con l’ambiente, ma è formata da elementi presi dall’ambiente, privati però di quella carica provocatoria e demistificante tipica di quel momento, a vantaggio di un più attuale e personale valore simbolico.
Carlo Pesce, 2006
Maria Grazia Dapuzzo
Architetto e artista
Maria Grazia Dapuzzo, architetto ed artista, è nata a Genova ma dal 1979 risiede a Casale Monferrato, la città alla quale ha dedicato uno studio approfondito pubblicando il libro “Casale Monferrato – l’antica città romana di Vardacate”, con il quale, attraverso un prezioso studio a livello territoriale, urbanistico, edilizio e architettonico ha permesso l’individuazione di un impianto romano. L’attività di architetto si manifesta con la ricerca della realtà progettuale che ci circonda ed un secondo libro, “Piovera e il suo territorio” è in fase di pubblicazione. Nel 1991, in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Genova e l’Assessorato ai Lavori Pubblici del Comune di Casale, ha promosso una mostra-conferenza sul tema dell’arredo urbano, che ha segnato l’inizio del dibattito sulla pedonalizzazione del centro storico della nostra città.
Fin da piccolina, Maria Grazia Dapuzzo inizia a dipingere con i colori ad olio e questa grande passione la porterà a frequentare il liceo artistico e in seguito a frequentare la Facoltà di Architettura. Dagli anni ottanta espone le sue opere in prestigiose sedi, e riceve numerosi riconoscimenti e premi. Attiva in campo artistico, negli anni novanta, insieme al marito e ad altri artisti casalesi, fonda l’Associazione Artistica ARCA. In seguito ampia il suo campo d’azione rivolgendosi al design nel settore dell’arredamento; sue opere si trovano in esposizione permanente presso la Galleria Ellequadro Documenti di Genova.
Il suo percorso artistico inizia con il figurativo ed una continua ricerca la porta agli assemblaggi, particolarmente suggestivi e di raffinata eleganza, realizzati con pitture ad olio su tela e l’inserimento di materiali, quali legni, conchiglie, fiori e pietre: la natura rivive nelle opere in tutta la sua disarmante bellezza.
Le ultime realizzazioni sono opere concettuali su acciaio, esposte lo scorso anno presso la Galleria Mondadori di Alessandria, insieme alle tele con corda, che rappresentano i quattro elementi, terra, acqua, fuoco e aria. La sua prossima personale sarà inaugurata l’8 aprile alla Galleria Costanzo di Via Benvenuto S. Giorgio.
L’ultima opera di Maria Grazia Dapuzzo è una chanukka per il Museo Israelitico di Casale Monferrato, realizzata con una pietra da cantone, la tipica pietra del nostro territorio.
Artisti di Monferrato a cura di Nadia Presotto Luparia
LA VITA CASALESE, 2 marzo 2006
Le nuove "opere" di Maria Grazia Dapuzzo
(Am. Boc. 21/3) - Una mostra delle sue "Opere" aveva già allestito Maria Grazia Dapuzzo alla Mondadori di Alessandria. Ora espone altre "Opere" a Casale Monferrato, nella prestigiosa galleria Costanzo di via Benvenuto Sangiorgio 4, dall'8 al 29 aprile.
L'artista genovese, formatasi al liceo artistico Barabino e poi alla facoltà di Architettura, sempre a Genova, si è trasferita a Casale a fine anni '70, epoca delle sue prime mostre collettive e personali, tenute in molte città.
In seguito, con la facoltà di Architettura di Genova e l'Assessorato ai lavori pubblici del Comune di Casale, ha promosso la mostra-conferenza sul tema "Arredo urbano", spaziando poi anche nell'arredamento, al confine tra arte e design.
Alcune sue opere vengono esposte in mostre permanenti e musei, come il Castello di Piovera e il Convento di Santa Maria di Castello a Genova. Se è stimolante vedere la partecipazione di Maria Grazia Dapuzzo alla mostra permanente "Fossili moderni" di Piovera, è ancora più significativo visitare "il grande sole: frammenti. Nel cinquantenario di Hiroshima", una installazione di quattro pezzi quadrangolari proprietà del Convento suddetto.
Non si potrà però salire nell'accogliente galleria Costanzo ad ammirare la nuova rassegna senza conoscere appieno la produzione culturale dell'artista. Maria Grazia è anche l'autrice di "Casale Monferrato, l'antica città romana di Vardacate", ed. Alinea. Il volume, di circa 140 pagine, corredato da molte interessanti fotografie, patrocinato dall'Ordine degli architetti della nostra Provincia, dalla Fondazione CRT e dalla Città di Casale, rappresenta una chicca di carattere storico-architettonico.
Il testo "vuole aiutare a capire la formazione dell'impianto e le fasi successive di Casale Monferrato scoprendo le regole comportamentali dei sistemi di strutture, che consentono alle abitazioni di relazionarsi tra loro costituendo tessuti edilizi in cui possono svilupparsi tipologie di base in rapporto gerarchico con organismi architettonici a scala più grande e per questo più importanti ed emergenti". Consegue la spiegazione della collocazione dei siti.
Ad uno studio tanto importante e preciso ha fatto seguito un analogo approfondimento del territorio di Piovera, anch'esso sviluppatosi su di un insediamento antichissimo.
Solo tenendo conto della poliedrica personalità dell'artista, sempre coerente tuttavia, nelle sue rigorose scelte culturali, si potrà comprendere le "Opere", partendo forse da quella Via Lattea di Santiago in Compostela, slancio della vita, che è il punto di riferimento di tutta la produzione di Maria Grazia. Tra tanti quadri nati da una sorta di collezionismo dei ricordi di viaggio, dai fossili alle piante, dalle conchiglie e a ben di più, si snoda la produzione di un'artista che spazia liberamente in vari campi, facendoci provare emozioni profonde. L'intensità di certi abbinamenti di pittura e collage porta al bassorilievo, più consistente oppure lieve come una trina, mentre la caratteristica di certe forme si riconosce nei totem e nelle opere di pietra, ordinate in serie. E' difficile riassumere la produzione di questa "pittrice-scultrice" proprio per le peculiarità della sua ispirazione, così personale, così creativa. La visita alla galleria Costanzo, fin dall'inaugurazione, sabato 8 aprile alle 18, chiarirà meglio la ricchezza e il significato dei temi in mostra.
Amelia Boccassi
(Pubblicato su AGENFAX il 22 marzo 2006)
Casale M.to: Maria Grazia Dapuzzo, un cammino verso l'alto
(am. boc. 9/8) - Architetto, artista intensamente apprezzata, Maria Grazia Dapuzzo, casalese da molto tempo, si è affemata a partire dai primi anni '80, con un crescendo di notorietà e successo. Dapprima erano i dipinti della figura umana a richiamare l'attenzione della critica. Poi la ricerca dell'artista si è diretta verso una forma del tutto personale di naturalismo. Non suggestioni della natura, ma elementi della natura stessa ispiravano la Dapuzzo. Fiori, sassi, uova, scheletri di molluschi venivano colorati con un effetto tridimensionale; un fondale marino o un sottobosco venivano così toccati dall'intevento dell'uomo. Erano visioni di un mondo distante, i cui materiali l'artista traeva dai suoi viaggi o dalla vita quotidiana, alla ricerca dell'appartenenza a questa realtà.
Veniva poi la produzione legata alla corda, viaggio verso la conoscenza. La corda lega, quindi limita, dando al contempo estensione infinita e associandosi alla scala, al ponte, all'albero e alla montagna. Su questa scia la conclusione della ricerca delle forme, dei tracciati geometrici, si attua mediante piccole strutture geologiche, su tele e acciaio. Quindi le strutture verticali, evocatrici del viaggio diventavano elevazione spirituale e memoria dell'artista.
E' il cammino verso l'alto, quello del pellegrino anche, al di fuori dei tradizionali mezzi espressivi. La iuta grezza e la teoria di sassolini, sovente chiusi tra due ali di sabbia, la linea verticale che continua oltre la tela, parlano del valore simbolico dell'opera di Maria Grazia Dapuzzo, artista universale.
Amelia Boccassi 2006
(Pubblicato su AGENFAX il 9 agosto 2006)
Nell'opera di Maria Grazia Dapuzzo troviamo un ritorno a ciò che è l'essenza della vita: terra, fuoco, acqua e aria.
Il suo è un viaggio attraverso i quattro elementi nel quale si coniugano istinto e ragione, gesto informale e poetica minimale. Nelle sue opere la corda tesa non è solo un'espressione compositiva ma diventa il filo che lega uomo e natura. La semplicità, esplicitata dalla chiarezza compositiva, diventa essenza dell'universo umano.
Ilenio Celoria 1998
(Esposizione presso Galleria Spazio Arte - Gavi)
A Crescentino la personale della pittrice M. Grazia Dapuzzo
Crascentino (L.PA.) - Si chiuderà il 25 marzo prossimo la personale di Maria Grazia Dapuzzo, organizzata dalla città di Crescentino in collaborazione con l'Assessorato alla cultura, presso i locali della biblioteca civica degregoriana «Villa Tournon».
L'artista, genovese d'origine, ma residente a Casale, vanta un iter artistico molto ricco: nel 1980 il debutto al pubblico, nel 1982 la prima personale all'Artecultura di Milano, nell'83 la seconda personale alla Galleria d'arte «Acquario» di Casale, nell'86 l'ammissione alla XXIII Mostra Nazionale di Pittura Contemporanea di Santhià, a cui prenderà nuovamente parte anche nell'88.
Dopo la maturità al liceo artistico, si iscrive presso la facoltà di architettura all'Università di Genova.
L'indirizzo dei suoi studi artisticamente si riflette sul suo stile , sulle sue scelte.
I soggetti ritratti, spesso figure umane, singole o a coppia, oppure animali, rivelano una struttura intrinseca, forte, marcata da tratti decisi, incisivi, pieni di forza e di espressività artistica. Maria Grazia Dapuzzo riversa nelle sue opere una grande interiorità, che si sprigiona anche dai tratti schematici e netti delle figure rappresentate o nella rappresentazione di uno stato d'animo, di un momento di vita.
Viene naturale il parallelismo con gli espressionisti tedeschi come Munch, Ensor, Kirchner. Sono i sentimenti che primeggiano nei tratti aggressivi tracciati da un'abile mano, i sentimenti dell'artista che vuole comunicare con il mondo esterno.
La grafica, così pura ed essenziale, diventa più morbida e dolce nella serie delle «maternità», a testimonianza di un mutato stato d'animo. Nella sua pittura elemento costante ed amato è la natura, che l'artista cerca di «fermare» con immagini nelle sue tele. E' una natura sempre viva, esuberante e allo stesso tempo delicata, come quella delle risaie del vercellese. Altra sua peculiarità sono delle composizioni, difficili da definire, tra il collage e la pittura, create con fantasia e inventiva, facendo uso di materiali diversi, come cappelli di paglia, conchiglie (che le ricordano il suo mare), pietruzze levigate dal tempo, il tutto immortalato sul supporto di una tradizionale tela e legato da morbide pennellate di tenue colore.
Si tratta di composizioni, o meglio assemblages, che inventano un nuovo modo, tutto personale, di fare arte, dove l'espressività e la poesia vengono esaltate in oggetti «rubati» alla natura e riportati su di una tela, per ricreare nell'osservatore le stesse sensazioni che l'artista ha captato.
(Pubblicato su: La Nuova Periferia del 22 marzo 1989)
«VIGORE E DOLCEZZA»
NELLE OPERE DI MARIA GRAZIA DAPUZZO
Maria Grazia Dapuzzo, genovese, risiede a Casale dal 1979. Ma non lascia trascorrere troppo tempo senza una puntata, anzi, un'esplorazione, al suo mare, alla sua spiaggia e ne raccoglie addirittura i simboli, sassolini, conchiglie, granchi, radici, e se li porta nell'ampio suo studio casalese non come souvenir, un ricordo, ma come una realtà che non può e non deve morire.
Le tappe significative del suo iter artistico: 1980, prima uscita pubblica a Genova; 1982, prima personale di pittura a Milano; 1983, seconda personale a Casale; 1986, ammissione alla Esposizione-Concorso nazionale di Santhià.
Un curriculum graduale, progressivo, un avanzare cauto, ma tenace. Se, tuttavia, i suoi primi passi possono sembrare, nel tempo, abbastanza vicini, che cosa dice quella gradevole riproduzione del Gesù Bambino del «Tondo Doni» di Michelangelo con delicate variazioni cromatiche.
Già a dodici anni Maria Grazia si sentiva attratta dal disegno, alla pittura e fu, quindi naturale, la scelta dell'indirizzo degli studi: il liceo artistico. Diplomata, proseguì alla facoltà di Architettura di Genova. Una prima domanda sorge spontanea: quale rapporto può avere il suo stile, la scelta dei soggetti, degli argomenti, con l'architettura?
Apparentemente nessuno, ma se si osservano non superficialmente le sue opere, in particolare i ritratti, le figure umane singole o a coppie, gli animali, si rileva una forte struttura e torna alla mente il richiamo michelangiolesco sull'affinità tra il corpo umano e l'edificio che dovrà proteggerlo.
L'arte di Maria Grazia Dapuzzo si muove in due direzioni: il rapporto con l'uomo e il rapporto con la natura.
Ed anche le tecniche: così come in poesia non si può concepire la Divina Commedia se non in endecasillabi e Ungaretti se non in versi brevi, liberi, ritmicamente succedentisi, così la nostra artista vede gli uomini, gli animali forti, robusti, talvolta aggressivi, e li descrive a tratti incisivi, talché i suoi oli possono essere scambiati per xilografie.
E la natura? Si presenta viva, concreta, l'artista si trasforma di fronte ad essa in un'abile imbalsamatrice.
Ma l'aggressività è nel soggetto o nella pittrice?
Indubbiamente questa dolce fanciulla possiede, nell'intimo, una grande energia e tutta la riversa sulla tela: naturalmente i suoi protagonisti, uomini, coppie, animali, nascono come frutti di quest'operazione, ma non hanno l'aureola attorno al capo o all'intero corpo, la loro struttura è invece robusta. I tratti, esterni ed interni, sono segnati da un gesto sicuro. E talvolta le figure sono schematiche, ma è chiaro il rispetto della forma: altre volte è l'angoscia, lo stato d'animo dell'artista a deformare le sue creature. Anche se stessa, naturalmente, come ne «L'attesa».
Il riferimento agli espressionisti tedeschi, a Munch (che è di origine norvegese), a Ensor, a Kirchner, a Nolde sembra naturale; ma in Maria Grazia Dapuzzo non c'è aggressività, polemica sociale e politica, leggiamo piuttosto sentimenti che, dall'intimo, sono proiettati all'esterno, con l'irruenza della spontanea confessione.
«Il grido» di Munch, anche con i suoi vortici nel cielo tempestoso, insegni.
È vero che queste sue linee, così forti, allorché diverso è lo stato d'animo, si incurvano, si addolciscono, sembrano abbandonare la caratteristica grafica per diventare più «pittura»: ecco dunque la serie delle «maternità» dalle linee avvolgenti nelle quali il grande uovo accoglie e la figura della madre e quella del bambino direttamente innestata nell'abbraccio materno.
Ecco dunque che i sentimenti producono, pur affiorando sempre dall'intimo dell'artista, una sensibile evoluzione e nella forma espressiva e nella tecnica.
Il rapporto con la natura si può tradurre in delicate composizioni, le risaie del Vercellese, con i loro tenui colori, attraversate dai regolari rincalzi di terra tra uno specchio e l'altro, ma soprattutto in quegli assemblages, per i quali non è facile inventare una definizione, che si pongono tra la pop-art e l'arte povera e costituiscono veri e propri bassorilievi: non ci vuole un esperto a chiarire che cosa vogliono esprimere: l'amore alla natura ed in particolare al mare, che Maria Grazia Dapuzzo vuoi portare con sé ovunque ella vada.
E nell'ampio, storico ambiente di Casale, dai muri tozzi, possenti, attraverso i quali non può penetrare la viscida ed ambigua nebbia, entra invece il profumo del mare. Ed anche il «sapore».
Ecco quindi cappelli di paglia per ripararsi dal sole (‹‹mi piacciono tanto i cappelli» confida Maria Grazia) e valve e conchiglie e granchietti e petruzze levigate dalle onde e quant'altro il mare raccoglie e restituisce: il supporto prescelto è la tela, la tradizionale tela, e ognuno di questi elementi è disposto in modo che ne nasce un'armonica composizione, odorosa, saporosa, piena di poesia, ma al tempo stesso concreta. Le diverse schegge di questo flessuoso, altalenante mosaico sono legate insieme da lunghe pennellate color della calce, dell'ocra, ma anche di colori più vivi, il violetto, il rosso carminio, l'arancio.
Arte povera? No, arte ricca. Pop art? Si può dire, come per Oldenburg scrisse Robert Hughes («Lo shock dell'arte moderna»): «Nel suo desiderio di toccare, spremere, colpire, assorbire, assimilare... Oldenburg spiegò una sorprendente varietà di tecniche e di materiali...»; così Maria Grazia Dapuzzo inventa una tecnica che non si può definire semplicemente collage in quanto interessa e coinvolge materiali raccolti sulla spiaggia, fiori, singoli e a fasci, gusci di uova e relativi contenitori di cartone, rami di palme e di altri alberi, creando appunto un'espressione d'arte che, se non è nuovissima, è comunque affrontata con spirito nuovo; attingendo alla natura, non l'appiattisce, ma ne traduce, oltre alla forma, anche il volume. Ma non soltanto: dalle composizioni di Maria Grazia Dapuzzo affiora quel profumo, quel sapore, quello spirito che la materia in sé nasconde e libera con l'intervento dell'artista: un gesto, un tocco, un alito.
Un'artista, dunque, la cui immagine si mostra sempre vigorosa, sia che l'irruente energia si traduca in tratti, in figure proiettate in avanti, che intendono conquistarsi il loro spazio, sia che dalla natura stessa, con atto d'amore, tragga la sostanza per i suoi bassorilievi, nei quali, tuttavia, è percettibile un sentimento di dolcezza, di nostalgia.
Aldo Spinardi, 1989
REDAZIONE DI “ARTECULTURA”
MARIA GRAZIA DAPUZZO
Tra concettuale e tensione espressionista. Milano, 8 maggio 1982.
Nei contatti con i giovani pittori che si propone la rivista, questo è stato l'incontro con i dipinti di Maria Grazia Dapuzzo, di cui già sullo scorso numero di ARTECULTURA fu data notizia. Una giovane pittrice che alterna il suo lavoro di tavolozza al tempo libero che le consentono i corsi universitari di architettura. Una presenza pittorica e di tensione: istintiva nel gesto e colta nella proposta che mette in evidenza il messaggio sul piano della ricerca tendenzialmente incline all'emozione drammatica. Anche se, poi, nell'insieme della sua produzione artistica si conoscono modelli che diffondono su piani di riposato colore, come sul giallo, concettuali scritture fermentate da allusive armonie.
Ma ciò che a nostro avviso primeggia nella figura della Dapuzzo, è dato dalla tensione espressionista, come del resto è stato fatto rilevare concordemente nell'incontro dei critici Domenico Cara e Gino Traversi. Ed è, benappunto, in queste figure matericamente improntate, dove la pittrice gestisce il suo spirito creativo con insolita animazione. La manifestazione dove la figura viene codificata in immagine dalla costruzione di solleciti tratti di pennellate che mettono in piena evidenza la natura psicologica e la potenzialità creativa della pittrice. La sua spinta immaginazione che manifesta nelle maternità il peso di tutto il suo raccoglimento. Una sensibilità che ancora amplifica il suo intervento, che si fa determinatamente più drammatico quando la pittrice si domanda con gli avvenimenti del quotidiano: lo spirito artistico diviene linguaggio critico d'approfondimento causale e sprigiona la sua migliore emozione creativa. Una pittura di sintesi, e pertanto, portata a conseguire i meriti dei suoi consensi di cui il nostro segna l'inizio.
Giuseppe Martucci
MARIA GRAZIA DAPUZZO
Una pittrice, un dibattito: redazione artecultura 8 - 15 maggio 1982
Maria Grazia Dapuzzo è una giovane pittrice dalla sensibile tensione che artisticamente si interroga con lo spirito dell'uomo. Non dipinge da molto. Ha incominciato da tre o quattro anni anche se nella sua cultura creativa figura il liceo artistico e attualmente studia architettura. Il periodo di qualche anno non dice molto per poter tirare un bilancio, tanto più che Maria Grazia, (così firma i suoi quadri), solo ora sta organizzando in modo più sistematico la sua materia pittorica e precisando nel metodo la simbologia di una sentita ricerca.
I primi anni si sa, sono piuttosto caotici dal punto di vista creativo: c'è da fare i conti con un certo scolasticismo, c'è da liberarsi da una serie di influssi e di seduzioni, che immancabilmente entrano nel proprio discorso figurativo, appesantendolo e oscurando gli elementi più personali e più originali. Questi influssi ci sono tutti in Maria Grazia, la cui pittura oscilla dall'informale al simbolismo, da certi tratti sperimentali ad alcune marcature espressioniste. Ora io penso che Maria Grazia stia trovando una strada tutta sua, esaurita questa fase di ricerca, di tentativi. Una strada che rompa col già codificato, che metta in risalto le sue qualità, elaborando uno stile che non sia mera assunzione di tendenze o di scuole, seppure nobilmente gloriose. Ad esempio sarebbe interessante, ed i risultati potrebbero a ragione premiarla, se Maria Grazia approfondisse la serie sequenziale della maternità, in cui ci è parso di scorgere un maggiore ordine saggistico, ed anche una più acquisita maturità formale.
Ma senza trascurare nel contempo, l'interpretazione, che mi pare interessante, e ricca di fantasia dei testi poetici. Non lasciare, ad esempio, come episodio casuale, il discorso iniziato con i due quadri «Ed è subito sera» e «Mi illumino d'immenso».
Ne potrebbe scaturire una soluzione interessante, giacché poesia e pittura sono inscindibilmente legate da più componenti. Ma sarebbe anche molto divertente poterne gustare gli esiti, scoprire dove la fantasia della pittrice potrebbe andare a scavare, e perchénnò? giacché oggi tanto si parla di poesia visiva, portare alle estreme conseguenze interpretative tale raffigurabilità.
E' una pittura tutt'altro che facile quella di Maria Grazia, ma quando nell'immagine prevale la scelta drammatica s'è in presenza della fertile ragione dell'arte. Occorre solo lavorare per appagare i momenti espressivi del sentimento.
Angelo Gaccione